Il nodo da sciogliere è la premeditazione. A Cerignola, lo scorso 25 luglio, una presunta lite in strada finì in tragedia con l’omicidio di Stefano Tango. A sparare fu Leonardo Dimmito, un giovane autotrasportatore che qualche ora dopo si era presentato in commissariato insieme al suo legale, Antonello De Cosmo, confessando il delitto e il movente e consegnando anche l’arma del delitto. Una mossa finalizzata a ottenere gli arresti domiciliari, visto che Dimmito aveva subito dichiarato di non voler ammazzare Tango e che il delitto si era consumato a seguito di una violenta lite per via di un lavoro che tira in ballo una ditta di Barletta (il cui titolare sarà ascoltato nel prolungamento di indagine chiesto). Domenico Zeno, il gip del Tribunale di Foggia, ha quindi convalidato l’arresto. E l’esito era prevedibile, visto che mancano ulteriori prove per accertare se davvero il ragazzo aveva sparato in preda a un raptus nervoso oppure se le sue intenzioni fossero premeditate già prima di raggiungere il luogo del delitto. Secondo l’ordinanza del gip «Dimmito ha dichiarato d’aver ucciso Tango perché costui aveva assunto la gestione di fatto di un magazzino di frutta e verdura di una ditta barese, con cui l’indagato aveva lavorato negli ultimi 4 anni, disponendo il divieto di lavorare con tale magazzino con Dimmito». «Tango con prepotenza aveva più volte minacciato di ucciderlo se si fosse rivolto ai responsabili della ditta per poter lavorare; lo aveva pestato due giorni prima del delitto e nuovamente minacciato. Dimmito ha dichiarato anche rimarca il che aveva avuto un altro incontro con Tango che lo aveva minacciato di morte per l’ennesima volta».
«Vi sono alcuni dati che devono essere chiariti e che l’indagato non ha confessato. In particolare si tratta – scrive il giudice Zeno – della richiesta di interrompere le riprese delle telecamere di un negozio distante pochi metri dal luogo del delitto poco prima dell’omicidio». Ora Dimmito resta indagato per omicidio aggravato dalla premeditazione, porto, detenzione illegale e ricettazione dell’arma del delitto. Il gip ha ritenuto sussistenti i gravi indizi a carico di Dimmito per quanto emerso da videoriprese, testimonianze raccolte e confessione dello stesso indagato.