Lo hanno intercettato e arrestato con le mani sporche nel sacco di denari, che avrebbe guadagnato sulla pelle dei propri connazionali. Come lui sfuggiti alla fame. Eppure con destini diversi. Perché stiamo parlando di una storia di sfruttamento e di degrado, di miseria e crudeltà che riguarda non solo la metodologia criminale di imprenditori agricoli italiani che si arricchiscono sul lavoro cocente (comincia la stagione calda nel Tavoliere) di centinaia di immigrati, ma traccia soprattutto un profilo nuovo, quello di un soggetto che di questa pratica vergognosa è diventato un pezzo del mosaico, quello peggiore, quello del “caporale”.
Si chiama Lassana Diakite, ha 50 anni, proviene dal Mali e vive tra Foggia e Manferedonia da dieci anni. Tecnicamente è un procuratore di manodopera per aziende agricole. Nei fatti è un negriero. Che si è adeguato benissimo agli usi e costumi del paese che lo ospita, tema nazionale di queste ultime settimane. Usi e costumi criminali, sia chiaro, il punto più basso nella scala dell’umanità che l’Italia peggiore riesce a trasmettere a chi si presenta nel nostro paese in cerca di lavoro. Le accuse sono pesanti: intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro in nero, resistenza a pubblico ufficiale. E – secondo le risultanze investigative – potrebbe essere contestata anche l’aggravante dell’estorsione, in collaborazione con altri soggetti, aggravando ancora di più un quadro associativo inquietante. In breve, i fatti: Diakitè è stato fermato dai Carabinieri della Compagnia di Foggia nell’ambito di un articolato e specifico servizio di anticaporalato. Il 50enne malese è stato bloccato nelle campagne di Manfredonia, nei pressi di Amendola, alla guida di un Ford Transit con targa bulgara, poco dopo aver caricato 13 cittadini extracomunitari di origine africana provenienti dalla baraccopoli abusiva sorta a ridosso del C.A.R.A. di Borgo Mezzanone. Alla vista dei Carabinieri, Diakite ha tentato anche la fuga, colpendo con calci e pugni i militari. Reazione vana, perché è stato immediatamente immobilizzato e trasferito presso il comando in attesa della decisione del magistrato di turno. La perquisizione personale e del furgone ha poi consentito di rinvenire una serie di appunti scritti a mano su un block notes, in cui erano aggiornati dati, nomi e cifre del reclutamento degli extracomunitari, che provano l’esistenza di un’organizzazione “imprenditoriale” dedita allo sfruttamento dei lavoratori assoldati. I passeggeri erano per la maggior parte della stessa nazionalità dell’arrestato, e la posizione di uno di loro è risultata irregolare sul territorio nazionale. Interrogati dai militari con l’ausilio di un interprete, alcuni hanno dichiarato di essere al primo giorno d’impiego, altri da diverse settimane, e comunque nessuno è stato in grado di specificare il nome del datore di lavoro né il luogo dove erano destinati per il lavoro; contestualmente hanno anche ammesso di essere stati reclutati dal Diakite, intermediatore con i proprietari dei terreni (su cui adesso si stanno concentrando le indagini), che provvedeva a trasportarli in campagna con il Transit; gli accordi prevedevano inoltre che, una volta percepita la paga, una parte sarebbe finita in mano a Diakite, stabilita in base a quanto percepito.
Trasporto – altra aggravante – effettuato in condizioni lesive della dignità umana oltre che pericolose per l’incolumità fisica di passeggeri e pedoni. Il furgone infatti era anche privo sia della copertura assicurativa che dei documenti di circolazione. Diakite è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.