A chi lascerò i miei figli se le scuole saranno chiuse? Dovrò rinunciare al mio lavoro?
Saprò gestire i nuovi tempi e conciliarli con la famiglia?
Chi ascolterà la mia voce?
Sono queste alcune delle domande che accompagneranno la ripresa al lavoro di tante donne.
Domande ancora irrisolte in condizioni normale, che ora, nel dopo pandemia , si rivelano in tutta la loro problematicità. Soprattutto se si è sola e costretta ad uscire di casa.
La mancanza di servizi e l’insufficiente rete di welfare , infatti, appaiono come un ostacolo all’affermazione del diritto al lavoro del genere femminile, costretto sempre più a scegliere tra la cura della famiglia e l’affermazione di sé, intesa come capacità di realizzare sogni e legittime ambizioni.
I dati in questo sono abbastanza chiari: il 72% dei lavoratori che sono rientrati dopo il 4 maggio sono uomini ,mentre le donne peggiorano la loro situazione lavorativa già precaria, perché costrette a dedicarsi alla didattica a distanza o alla ricerca di colf e baby sitter.
Di quanto ci sia ancora bisogno, dunque, di una lettura al femminile di ciò che sta accadendo è ormai chiaro, senza dimenticare che il lavoro è fondamentale per la dignità di tutti, uomini e donne, e nessuno deve essere costretto a scegliere tra la vita e il lavoro.
Al dramma del lavoro, in Puglia, si aggiunge poi la condizione di minorità a cui sono costrette le donne nelle rappresentanze istituzionali.
La legislatura regionale, che in precedenza si era chiusa con la vergognosa e trasversale diserzione sulla legge per la preferenza di genere , ha scelto di replicare il copione , con la complicità del Presidente Emiliano , che pure aveva garantito, subito dopo la sua elezione, che la Puglia si sarebbe dotata di questo strumento di elementare progresso.
La regione Puglia è infatti una delle pochissime regioni a non aver introdotto la doppia preferenza nella sua legge elettorale con il risultato di avere oggi solo n. 5 di rappresentanza femminile in Consiglio sul totale di 46 consiglieri.
Sono passati 5 anni. E di quella legge elettorale nemmeno l’ombra.
La fretta di portare al voto i pugliesi in piena estate, la dice lunga sul tentativo di accelerare solo la ricerca del consenso dettata da questa emergenza , e non di favorire processi veri di partecipazione democratica.
Crede veramente presidente Emiliano che i pugliesi, alle prese con tutte le difficoltà economiche e sanitarie a cui ancora non si è data risposta ( in questo dovrebbe prendere qualche spunto dal Veneto) abbiano veramente voglia di andare a votare a luglio?
O forse è il caso di rallentare il desiderio elettorale e anteporre il vero bene dei pugliesi e delle pugliesi?
Se la ripartenza dovrà essere vera, allora non potrà prescindere dal garantire ad ogni genere, senza distinzione alcuna, la possibilità di essere presente e partecipare democraticamente in tutte le fasi della ripresa. A cominciare dalla rappresentanza.