Nel primo pomeriggio, il Sorriso di Stefano è stato vittima di un nuovo attacco. Una bomba ha spaventato decine di persone della zona, nel silenzio di una Foggia in piena quarantena.

“L’ennesima bomba in questa città non arriva certo inaspettata: dall’inizio dell’anno la Società Foggiana ha sferrato un attacco alla città, che ha risposto con la mobilitazione del 10 gennaio e con numerose iniziative di solidarietà alle vittime ma anche di chiamata in causa delle istituzioni.” dichiarano Michele Cera e Jacopo lo Russo di Link e Unione degli Studenti Foggia

“Il 21 marzo dalle case di migliaia di italiani è arrivato un segnale: la mafia non va in quarantena, e l’antimafia nemmeno. Oggi quelle parole sembrano sicuramente più vere, confermate dall’ennesimo atto intimidatorio e ancora più vile del solito, commesso alla luce del sole approfittando del fatto che tutti sono a casa per evitare la diffusione del virus.” continuano gli studenti.

“Esprimiamo la nostra solidarietà alle vittime, nella speranza che le lotte possano continuare e che Foggia possa liberarsi oltre che della pandemia in atto anche di questo terribile male endemico che è la mafia. Le risposte sono le stesse: come organizzazioni studentesche abbiamo detto la nostra con un editoriale, “Come disinnescare la bomba?”, in cui sottolineiamo la necessità di sconfiggere la mafia togliendole terreno negli ambiti della povertà e dell’emarginazione, immaginando un ruolo forte dell’istruzione e dei saperi in questo contesto. Oggi, che la crisi in atto rischia di accentuare le diseguaglianze già forti nel nostro territorio, crediamo che la necessità di queste misure sia ancora più forte.” proseguono.

“Le mafie non vanno in quarantena perché anche ai negozi chiusi si chiede il pizzo, perché le bombe non hanno bisogno di autocertificazioni  e perché anche una città vuota vogliono tenerla per il collo. Foggia deve liberarsi, e le lotte devono continuare, a partire dai saperi e dai luoghi della formazione, a partire da una società dove non c’è posto per prevaricazione e sfruttamento” concludono gli studenti.