Emergono inquietanti retroscena dopo il blitz “giustizia privata” che ha portato all’arresto di dieci persone, tra cui giudici e commercialisti al lavoro nelle commissioni tributarie dei tribunali di Foggia e Bari. L’accusa di corruzione si è manifestata anche attraverso strane richieste da parte degli imprenditori – una 40ina quelli indagati – che promettevano anche posti di lavoro ai figli dei giudici, dei funzionari e dei commercialisti che si occupavano di cancellare debiti erariali per e centinaia di migliaia di euro di tasse. “Mi raccomando, dobbiamo mettere a posto tizio e caio”, oppure “qui funziona così, paghi qualcuno e risparmi le tasse”. Un quadro corruttivo raccapricciante con sentenze pilotate e scritte dai funzionari e non dai giudici, che si limitavano solo ad apporre la propria firma in calce ai dispositivi. Ma intanto la domanda che ci si pone è un’altra: che fine faranno quello sentenze? Lo stato si costituirà parte civile per annullarle e quindi ottenere i soldi delle tasse dagli imprenditori?