Con l’arresto di Rocco Moretti, 67 anni, si chiude una saga lunga trent’anni. Quella del boss più longevo della mafia foggiana, quello che ha messo lo zampino sui grandi delitti degli anni ’80, come l’omicidio di Giuseppe Laviano o la strage del bar Bacardi. A determinare il suo arresto una maxi richiesta estorsiva da 200mila euro. Lo scorso 9 ottobre, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia, coadiuvati nella fase esecutiva dai militari degli Squadroni Eliportati Cacciatori di Sardegna, Sicilia e Calabria, hanno infatti eseguito il fermo ordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari a carico di Moretti, il capo del sodalizio criminale noto come il clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Con Moretti è finito in carcere anche Domenico Valentini, 45 anni, per i reati di tentata estorsione e porto abusivo di armi da fuoco, sia comuni che da guerra, aggravati dal cosiddetto metodo mafioso. Stamattina il gip di Foggia ha applicato ai due indagati la misura della custodia cautelare in carcere.
Il provvedimento è scaturito da una complessa e prolungata indagine scaturita dalla denuncia di un imprenditore operante nel settore agricolo, il quale dalla fine dell’anno 2015 è stato continuamente vessato da appartenenti al clan al fine di estorcergli la somma di 200.000 euro.
In particolare l’imprenditore ha denunciato che in più occasioni sarebbe stato avvicinato da soggetti appartenenti ai Moretti, i quali, dapprima solo con minacce verbali, ma successivamente anche con vere e proprie aggressione sotto la minaccia di di un Kalashnikov, avevano cercato di costringerlo a versare la somma di 200.000 euro nelle casse del clan per poter continuare a svolgere la sua attività senza problemi.Analoghe minacce erano state rivolte anche ad alcuni dei suoi familiari e dipendenti.
In corso nuove indagini per risalire all’attuale direttivo della banda.
Il fermo di Moretti, uno dei capi storici della criminalità organizzata foggiana e del suo complice, è stato possibile grazie alla collaborazione dell’imprenditore vessato, che ha avuto il coraggio di non sottomettersi alle richieste estorsive ma di rivolgersi ai Carabinieri denunciando le angherie subite.
E’ la seconda volta, nel giro di pochi giorni, che grazie alla denuncia delle vittime si è riusciti a dare un duro colpo al fenomeno del racket delle estorsioni nella provincia dauna, facendo intravedere un “crepa” sul muro dell’omertà.
Risale infatti al 24 settembre scorso un altro importante arresto, operato nei confronti di QUITADAMO Antonio detto “Baffino”, per il reato di tentata estorsione aggravata nei confronti di un vicino.