“Il lavoro dei docenti di scuola dell’infanzia è usurante e con docenti ultrasessantenni soggetti alle nuove regole per il pensionamento la scuola dell’infanzia non è efficiente. La Riforma delle pensioni di cui si discute in queste ore qualifica il lavoro degli insegnanti di scuola dell’infanzia ‘solo’ come pesante e prevede l’anticipo della pensione di circa 3 anni con penalizzazione della misura della pensione. Non sono precisamente queste, anche se rappresentano un piccolo passo in avanti, le cose che avevamo chiesto con molta chiarezza”.
Gianni Verga, Segretario generale della UIL Scuola Puglia, ribadisce la sua posizione, già peraltro illustrata nel corso dell’ultimo incontro con il Presidente della VI commissione consiliare della Regione Puglia, Alfonso Pisicchio.
Proprio a Pisicchio si rivolge nuovamente Verga, chiedendo “di compiere un altro sforzo per far comprendere meglio a questo governo le nostre istanze. Dalla Puglia dovrà partire la richiesta, a gran voce, dei docenti di scuola dell’infanzia, per modificare la bozza del testo sulle pensioni. Il lavoro di questi docenti dovrà essere riconosciuto “usurante” e non semplicemente “pesante”, senza penalizzazioni sulla misura della pensione e con anticipo dell’età pensionabile a 60 anni, come nei contenuti dell’audizione consiliare”.
“La Regione Puglia – continua Verga – che si è dimostrata subito disponibile nei confronti delle esigenze sollevate dalla UIL Scuola e dal coordinamento dei docenti pugliesi, sta dando dimostrazione che la sinergia è fondamentale per portare allo scoperto problematiche che, diversamente, rimarrebbero sottaciute. E’ inutile sottolineare che questo risultato è fondamentale anche per il miglioramento di un servizio strategico per la formazione dell’alunno in età pre-scolare e per il futuro del territorio.
Se a questo si aggiungerà la proposta della UIL Scuola di destinare parte delle risorse del progetto “Diritti a Scuola” per creare l’organico potenziato della Scuola dell’Infanzia, credo che la nostra regione vanterebbe un risultato di tutto rispetto al resto del Paese e alle dimenticanze della legge di riforma della scuola”.
“In un quadro del genere – ricorda, infine, Verga – il rapporto OCSE, pubblicato oggi, riferisce che la spesa pubblica per l’istruzione è diminuita del 14% dal 2008 al 2013 (mentre il PIL è diminuito solo dell’8%) e la quota di spesa che ricade soprattutto sulle famiglie è aumentata del 21%. Le tasse universitarie rimangono tra le più alte rispetto a quello che accade negli altri Paesi. Il rapporto dell’OCSE ribadisce che un’istruzione di qualità richiede finanziamenti adeguati. Aggiunge l’OCSE che il corpo docente è quello più vecchio dell’area e conta il numero minore di uomini, i salari dei docenti sono diminuiti in termini reali del 7% ed equivalgono al 76 – 93% dei salari medi dell’OCSE. Finalmente si prende atto che la corsa ad un posto da insegnante in Italia è legata spesso alla mancanza di altro lavoro sicuro”.